L’idealismo etico di Fichte

 



L’idealismo etico di Fichte

Johann Gottlieb Fisher, nasce in Germania nel 1762 studia teologia all’università di Jena e durante i suoi studi rimane affascinato dalle idee di Kant, del quale segue le lezioni. A causa delle sue idee ed in seguito ad accuse di ateismo, deve lasciare Jena e si recherà quindi a Berlino, città in cui durante un discorso, invita i tedeschi a insorgere contro lo straniero proponendo idee di libertà spirituale e culturale. In questo periodo la sua fama cresce di giorno in giorno e verrà invitato a ricoprire la carica di direttore proprio dell'università di Berlino voi morirà di colera nel 1814 all'età di 52 anni.

La caratteristica della personalità di Fichte è quella di sentire dentro di sé l'esigenza dell'azione morale. Nella seconda parte della sua vita questa azione morale sarà sostituita dalla fede religiosa. Nel complesso quindi la sua personalità ha un orientamento etico-religioso.

L’idealismo di Fichte è un idealismo etico in quanto c'è il riconoscimento di un'assoluta superiorità della morale sull'aspetto conoscitivo. Il “senso dell'io” sta nella libertà, nello sforzo di incessante auto-perfezionamento di se stesso (superando passioni e egoismi) e del mondo circostante.

Con Fichte l'Io diventa l'unico principio materiale e formale del conoscere: quindi non è solo finito, ma anche infinito. Il rendere infinito l'Io contribuisce anche a renderlo libero, in modo assoluto. La deduzione di Fichte pone o crea il soggetto e l'oggetto come attività creatrici.

Secondo Fichte, Kant aveva aperto la strada alla prospettiva idealistica, ma era rimasto prigioniero di una dottrina dogmatica della conoscenza, in quanto aveva posto dei limiti al soggetto, mentre l’idealismo affermava l’infinità del soggetto. Quindi egli attribuiva il dogmatismo all’uomo pigro, fiacco, inerme, mentre all’individuo attivo, dinamico, intraprendente riconosce l’idealismo come sistema filosofico.

L’Io di Fichte, quindi, è un io impegnato in un processo di autorealizzazione, è uno spirito libero, e non si identifica con l’Io empirico, ma è un io puro un io creatore che si articolerà in tre momenti essenziali:

 

la Tesi:             l’Io pone sé stesso 

l’Io si rivela come attività auto creatrice che ha immediata        

consapevolezza di sé ed è così detta “egoità”. 

 

L’Antitesi:       L’Io pone il non-Io

l’Io puro deve necessariamente opporsi ad un non-Io, ossia all’oggetto, in anto essendo suprema attività, ha bisogno di qualcosa d’altro da sé, per realizzarsi.

 

La Sintesi: L’Io oppone, nell’ Io, all’Io divisibile un non-Io divisibile.

Avendo posto il non-Io come antitesi indispensabile alla sua attività, l’Io si particolarizza in tanti io empirici e finiti (singoli individui) contrapposti alle singole cose. È questa la condizione che percepiranno ogni giorno nella vita concreta.

                       

E sarà proprio con la sintesi che ci troveremo nella situazione del nostro mondo in cui ad una molteplicità di oggetti non-Io, farà riscontro una pluralità di Io-finiti ed empirici, ovvero i singoli individui.

 

 

La missione del Dotto

 

Secondo Fichte ci sono delle persone più adeguate a seguire altre persone al perfezionamento di sé stesso e nel raggiungere la propria natura e ad esse verrà assegnata una funzione.

Questa funzione viene quindi assegnata al “Dotto” ossia all'intellettuale, ed egli avrà una missione, che sarà quella di dover stimolare le altre persone a perseguire gli ideali di perfezionamento morale che sarà lo scopo del singolo e dell'umanità intera.

Il Dotto non dovrà essere un essere superbo anzi, dovrà essere il più modesto, dovrà possedere una conoscenza autentica dei bisogni umani cioè la consapevolezza dei doveri spirituali e morali dell'uomo.

Spetterà proprio al Dotto indicare i mezzi più idonei al raggiungimento della perfezione spirituale, perché altrimenti un sapere senza tale perfezione resterà sempre un sapere inutile.

Sarà molto importante che la filosofia si faccia coadiuvare dalla storia, in quanto proprio dalla storia potremmo cogliere i fatti, e con la filosofia potremmo interpretarli e orientarli verso un futuro.

Ed ecco che storia e filosofia rappresentano i contenuti essenziali del patrimonio conoscitivo del Dotto, un patrimonio che Fichte chiama “la dottrina del dotto” e che deve essere impiegato socialmente.

Commenti

Post popolari in questo blog

Hegel e la Fenomenologia dello Spirito

L‘idealismo tedesco (Fichte e Schelling)

Nietzsche: L’avvento del nichilismo; il leone