Hegel e la Fenomenologia dello Spirito
Hegel ha considerato la fenomenologia
come un’opera propedeutica a tutta la filosofia. In tale scritto cerca di descrivere il percorso che
l'assoluto ha compiuto per giungere ad una compiuta conoscenza di sé. In questa
opera identifica i diversi momenti dello sviluppo della coscienza con
determinati momenti storico-culturali nell'evoluzione dello spirito umano.
Ma c’è, un duplice andamento della fenomenologia:
1) movimento della coscienza che ripercorre le tappe raggiunte dallo spirito;
2) divenire dello
spirito all’interno della storia.
La fenomenologia è
la storia romanzata della coscienza che esce dalla sua individualità e
raggiunge l’universalità.
Quindi l’intero
ciclo della fenomenologia si può vedere riassunto in una delle sue figure,
e come figure si intendono le tappe di sviluppo dello spirito cioè,
le fasi della progressiva conquista della verità da parte dell’umanità.
Per arrivare
all’assoluto lo spirito deve percorrere tre stadi, corrispondenti a tesi,
antitesi e sintesi:
1) coscienza
(certezza, percezione, intelletto);
2) autocoscienza
(antitesi tra coscienza signorile e servile);
3) ragione
(sintesi, durante la quale lo spirito capisce che la realtà è l’incarnazione
dello spirito).
Pertanto, nella
fenomenologia possiamo distinguere tre tappe:
1^ Tappa LA COSCIENZA (Tesi)
Il primo momento
ideale è quello della coscienza.
È la sensazione con
la quale avvertiamo una molteplicità di oggetti particolari. A prima vista ci
appare come la più vera ed autentica, ma appena ci volgiamo altrove non vediamo
più questa cosa, ma un’altra.
È quindi percezione,
con la quale si sottendono le proprietà o qualità.
È intelletto,
il quale cerca l’universale al di là del particolare come qualcosa che
costituisca il fondamento del particolare.
2^ Tappa L’ AUTOCOSCIENZA (Antitesi)
Il secondo momento è
quello dell’autocoscienza, poiché la coscienza coglie sé stessa come soggetto di
rappresentazioni, l’autocoscienza si presenta come appetito sensibile, si
manifesta come impulso, come desiderio di un oggetto di cui si vuole avvalere
come strumento per soddisfare un bisogno.
L’autocoscienza è la
coscienza di sé, ed è anche coscienza dell’altro.
Fra uomo e uomo c’è
antagonismo, conflitto, lotta per la vita, ed è a questo punto che Hegel ci
presenta la
dialettica servo-padrone.
In tale lotta per la
vita ogni soggetto prova paura della morte. Si configura come guerra in cui chi
sta per morire sceglie la sottomissione diventando schiavo. Da quella lotta si
esce con l’assoggettamento di un soggetto all’altro. È l’avvio della dialettica
servo-padrone. Dal momento in cui si è costituito un legame di dipendenza dello
schiavo nei confronti del padrone, il padrone esercita il suo potere usando il
servo per soddisfare i suoi bisogni. Eppure, tale rapporto di dipendenza
gradualmente si inverte: il padrone dipende dal servo per soddisfare i suoi
bisogni, e il servo, attraverso il lavoro, afferma la propria indipendenza
sulla natura trasformandola. Così il lavoro appare come un fattore di
umanizzazione.
Alla figura della
dialettica servo-padrone, seguono altre figure, quella dello stoicismo e
dello scetticismo, dove lo stoicismo è la corrente filosofica che
disprezza le passioni, gli affetti, le ricchezze e promuove l’indipendenza dai
condizionamenti, mentre lo scetticismo è l’andare oltre lo stoicismo, arrivando
alla negazione del mondo esterno; quindi, lo scetticismo è l’arrivare alla
negazione del mondo esterno e quindi alla distruzione di ogni oggettività.
A queste segue la
coscienza infelice ossia l’infelice condizione della coscienza, che avverte
sé stessa come qualcosa di limitato e inadeguato in rapporto all’infinita
divinità a cui ambisce.
3^ Tappa LA RAGIONE (Sintesi)
L’autocoscienza si
trasforma in ragione. Dapprima come ragione osservativa in cui il mondo
appare come in un terreno. La ragione lo esplora, lo osserva, ma divenendo essa
stessa una cosa fra altre cose cerca di riscattarsi facendo leva
sull’individualità, cioè sull’essere. Una volontà che cerca di affermarsi sulle
cose. Così diviene ragione attiva che si dispiega in tre figure, manifestandosi
come:
Faustismo (dalla figura del Faust di Goethe), cioè come ricerca sfrenata del
piacere ma trova un ostacolo nei limiti della propria natura e vive il
fallimento;
legge del cuore, come sentimento romantico e dell’armonia della natura con il mondo; ma,
incontrando resistenza negli altri, che anche usano la legge del cuore
imponendo i loro valori, e pertanto essa è una legge soggettiva che non potrà
costruire nulla di universale;
legge kantiana
del dovere, dove cerca di imporsi al mondo attraverso
le proprie esigenze.
Per Hegel la ragione
diventa spirito. Va realizzata nell’ethos del popolo di cui un individuo
fa parte.
Hegel identifica la
religione il momento di piena affermazione di tale auto-consapevolezza dello
spirito. Egli vede nella filosofia il modo più adeguato in cui l’assoluto
conosce sé stesso e giunge a compimento il processo che lo ha visto svolgersi
come spirito, lungo l’intera storia dell’umanità.
La prospettiva di
Hegel è ottimista in quanto, pur presentando in sé l’antitesi, supera la
negatività e raggiunge il suo termine ovvero la sintesi che è presente
indistintamente in ogni triade. La dialettica è quindi un processo finito che
però, ogni volta che si conclude, si apre in una nuova triade ascendente.
A suo parere, Il
filosofo è lo strumento della rivelazione dell’autocoscienza che è accaduta
secondo un disegno razionale. Questo è il senso dell’affermazione:” Ciò
che è razionale è reale; ciò che è reale è razionale.”. Ovvero ciò che
è accaduto è così come deve essere razionalmente. È logico tendere a rifiutare
questa affermazione perché si può vedere come, nella storia, spesso sia
successo che trionfasse l’irrazionale o l’illogico. Hegel spiega che con realtà
non bisogna intendere ogni esistenza erronea o errore in generale. La realtà si
identifica con i grandi eventi che lasciano un segno nella storia del mondo.
Per Hegel, Kant ha
sbagliato a negare l’esistenza della metafisica perché ha distaccato il
pensiero dall’essere. Bisogna, secondo il filosofo, ricongiungere questi due
aspetti sulla base del fatto che le idee “hanno mani e piedi” e agiscono sulla
realtà modificandola.
Il pensiero di Hegel
viene chiamato giustificazionismo perché il filosofo ha il compito di
mostrare l’intrinseca razionalità della storia e, appunto, di giustificare gli
eventi e le azioni che sono avvenute. Tutti gli eventi della storia sono,
secondo il filosofo, tesi verso il risultato finale ovvero il presente, inteso
come l’epoca del dispiegamento della ragione.
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